Ho letto questo romanzo con le farfalle nello stomaco dall’inizio alla fine. Ero, forse, condizionata dalla conoscenza diretta che ho dell’autrice e neanche quell’.immenso vuoto” di cui parla all’inizio ha smorzato le mie aspettative.
In un certo senso era già come se sapessi dove sarebbe andata “a parare”.
L’iniziale sensazione di disincanto, di assenza di entusiasmo della protagonista, una giovanissima universitaria, nonostante il linguaggio ricercato e poco contemporaneo della scrittrice, ha fatto sì che il romanzo appartenesse al mio tempo, a questo tempo abitato da molti giovani senza incanto…e senza colpa.
Questa condizione psicologica di “immenso vuoto” mi è sembrata, infatti, una cosa provvisoria, un preambolo stilistico, necessario ad anticipare un tempo fertile di bellezza e appagamento. Come quando da bambini ci raccontavano le fiabe e queste spesso iniziavano con antagonisti che non promettevano niente di buono. Ci facevano un’infinita paura e ci nascondevamo sotto le lenzuola per proteggerci, quasi che, non ascoltando, avremmo potuto difenderci dalle fauci del drago furente.
Così facendo, riascoltando infinite volte queste fiabe, abbiamo avuto modo di conoscere bene il “nemico” e di affinare le nostre “armi” interiori, utili a sconfiggerlo e a trasformarlo nel nostro desiderio…in qualcosa da amare.
Ecco, questo disincanto della protagonista mi ha preparato interiormente ad accogliere, con lei, un disegno già scritto, la soluzione pronta da agire. Il vero protagonista del romanzo, Massimo, un brillante universitario, è la chiave di volta della situazione.
Colui che sposta il punto di osservazione di tutti quelli che gli girano intorno ai quali dispensa aiuto spirituale ben mascherato da dispense gratuite, traduzioni di versioni latine e lezioni generosamente date…. Insomma, l’amico ideale…quello che ognuno vorrebbe incontrare di fronte agli ostacoli della vita. Un Buon Samaritano contemporaneo e frizzante……
Il disincanto di lei, grazie a lui, inizialmente si trasforma in cauta freddezza (finalmente un’emozione!!), in distacco un po’ pungente a mo’ di difesa, penso.
Anche io avrei avuto paura dell’intensità di Massimo. “Dove vuole arrivare questo? …dove posso arrivare io con lui? …sarò sempre io?…..” Massimo è potente, intenso, pieno di interessi, di impegni sociali ed è sempre circondato di amici affettuosi e di belle ragazze.
Tutto questo, nonostante la disabilità. Anzi, sembra che la disabilità sia un segno considerato, dalla protagonista (e anche dal lettore) solo all’inizio della frequentazione….perchè lentamente, il fuoco si sposta sugli sguardi che promettono, sulla profondità delle parole dette sempre al momento giusto, sul discreto toccarsi dei due protagonisti….
Discreto, ma intensamente sensuale.
Non c’è nulla di concreto fra i due, ma il romanzo è pieno di sensualità che a volte perde i confini e si ha l’impressione che appartenga più al lettore che ai protagonisti.
(A questo punto intuisco l’universalità del tema e diventa forte e solidale la comunione con la protagonista).
Patrizia Lizzadro, insegnante
L’intensità di questa sensazione modifica il mondo interiore della ragazza, la quale si affida sempre di più a questo giovane universitario così amato da tutti per la luce che trasmette.
Lei inizia a perdere la sua aria “frigidina”, nonostante faccia sforzi (inutili) per continuare a sembrarlo.
Non so se c’è consapevolezza da parte di lei, ma “l’immenso vuoto” cambia, diventando una profondità prolifica di benessere. Diventa uno spazio pieno di contenuto vitale e perciò necessario, inevitabile e progressivo ….
Massimo dimostra di avere il potere di dare pienezza al vuoto, di attivare quelle emozioni positive che accendono la ragazza dandole leggerezza, ma nello stesso tempo stabilità e fiducia nel presente in cui vive. Il qui ed ora diventano nel corso del romanzo lo spazio del loro agire.
È come se tutto, universalmente e improvvisamente, avesse senso solo nel presente.
“Lui ha scoperto il presente e lo vive in una dimensione nuova, intensa, anche se drammatica.” dice Massimo parlando del ragazzo che non ha speranza di vita.
Massimo, come Virgilio, guida la giovane universitaria ad osservare con occhi nuovi e cuore aperto la realtà e le dà le chiavi spirituali per agirla in pienezza.
Lui, l’universitario disabile, che gli amici pensano abbia avuto un cervello in più al posto della gamba malata…(una compensazione vantaggiosa, direi….e il pensiero va ad altre disabilità, perfettamente compensate e Massimo ne dà conferma) Lui la riempie di significato, così come fa con tutti, perché in realtà Lui è lì per tutti: amici, conoscenti e lettori …Massimo è la chiave universale per accedere alla comprensione interiore. È di certo questo, altrimenti non si spiegherebbe la sensazione che suscita: quella di prenderci per mano, tutti, e di guidarci verso un luogo interiore di certezza e appagamento.
La morte di Massimo non modifica nulla…è uno strazio che dura un attimo infinito, ma riconferma il valore dell’esperienza pienamente vissuta, la quale spalanca opportunità inimmaginabili nonostante, ed oltre, la vita fisica.